Giuliana Nuvoli, recensione a Emanuela Fontana, “La correttrice”, Milano, Mondadori, 2023, in www.vitaminevaganti.com, n.423

Emanuela Fontana, La correttrice. L’editor segreta di Alessandro Manzoni, Milano,
Mondadori, 2023,
Lei, Emilia, ha ventiquattro anni quando conosce Alessandro, scrittore famoso, venerato e
più vecchio di circa tre decenni: proprio dal loro incontro nasce la redazione finale dei
Promessi Sposi. L’incontro avviene nel 1838: già da undici anni “don Lisander” voleva
correggere la prima edizione del 1827 e, insieme, pubblicare un’edizione del romanzo che
non potesse essere contraffatta. Ne erano già uscite quaranta abusive: così Manzoni, spinto
dalla seconda moglie Teresa Stampa, decide di farlo illustrare con oltre 400 vignette da Gonin,
e firma un contratto con l’editore Redaelli per una uscita a cadenza fissa. E’ una piccola
frenetica industria di cui fa parte anche Emilia, il cui ruolo si rivela ben più importante di
quanto si sia finora creduto.
La correttrice racconta questa storia nella forma del romanzo: ma il libro è molto di più.
E’ la stessa stessa autrice a raccontarne la nascita e la formazione – fra le tante presentazioni
– l’8 ottobre in una sala della Biblioteca Braidense, a Milano. Emanuela Fontana incontra per
la prima volta il nome di Emilia in un saggio del linguista Claudio Marazzini: ne è incuriosita
e inizia così un’indagine che durerà mesi tra la Braidense di Milano e l’Archivio di Stato di
Firenze. La ricerca è inizialmente faticosa, in primo luogo a causa dell’errore della sua data
di nascita: non il 1815, ma il 1814. Indagando con pazienza, a poco a poco la storia di Emilia
prende forma: è figlia di un cancelliere del tribunale di Commercio, nipote di un impresario
teatrale; la famiglia non è ricca, ma circola cultura. Per aiutare la famiglia, Emilia svolge il
lavoro di aiuto bibliotecaria presso la famiglia Viesseux e, proprio nel Gabinetto, dove va
ogni giorno, conosce Massimo d’Azeglio, che la vuole con sé come istitutrice della figlia
Rina, avuta da Giulietta, la primogenita di Manzoni. Lasciare Firenze e il promesso sposo
Fulvio non è facile: ma Emilia decide di seguire d’Azeglio a Milano, dove il suo fiorentino
attira l’attenzione di Manzoni, che seguirà, l’estate successiva nella villa di Brusuglio.
L’incontro con la figura di questa giovane donna suscita da subito nella Fontana “sorpresa
ed emozione”: il romanzo nasce da questi due elementi, cui si unisce la volontà di rendere
giustizia a una figura femminile quasi del tutto ignorata dalla critica. In realtà a lei fu dedicato
da Emilio Sioli Legnani, nel 1936, il saggio Madamigella Emilia Luti, collaboratrice del
Manzoni: poi cadde di nuovo il silenzio. Adesso è tornata alla luce e a far sentire la sua voce
in un’opera che, in ogni pagina, risponde fedelmente alla categoria del verosimile, che deve
connotare – proprio secondo Manzoni – il romanzo storico. E La correttrice è un romanzo
storico in cui ogni nome, ogni data, ogni elemento è frutto di ricerche accurate: va da sé che
anche l’immaginazione ha la sua parte, perché i legami fra le singole parti sono come “buchi
vuoti” da riempire. Ma anche l’invenzione deve essere fondata: così, dietro la scrittura c’è il
vaglio quasi maniacale della corrispondenza fra Emilia e Alessandro. Sono, in gran parte,
bigliettini in cui Manzoni chiedeva il corrispettivo toscano di una frase milanese: e
l’autorevolezza di lei che possedeva appieno il fiorentino, lo spingeva di norma a inserirlo nel
romanzo. E’ proprio lo studio di questi bigliettini che svela, poco a poco, un Manzoni inedito:
spesso ironico, talvolta giocoso.
E’ una figura forte, quella di Emilia, dotata di un carattere fermo e talora intemperante, tanto
da non esitare a rispondere per le rime allo stesso scrittore, pur nutrendo per lui una scoperta
venerazione. E accanto a lei prendono vita altre figure femminili: la decisa donna Giulia
Beccaria; Giovanna Feroci, la madre di Emilia che la seguì a Milano e in grado di aiutare la
figlia a trovare le forme più adatte da suggerire a don Alessandro; e, ancora, Teresa Stampa,
che gestisce con sapienza le pubblicazioni di Alessandro, e Luisa, la seconda moglie di
d’Azeglio che rimpiazza Giulietta con affettuosa perentorietà.
Accanto a loro la figura di Manzoni si umanizza in un pacato crescendo: è affetto da una
leggera balbuzie; soffre di sfinenti crisi epilettiche; è sovente angosciato e indeciso; ha
l’ossessione di dar vita a una lingua italiana, comprensibile a tutti. E, in questo sforzo, è
sovente solo: in molti non condividono la sua scelta di fare del fiorentino la lingua nazionale.
Emilia fu il suo fedele supporto; Emilia lo rassicurava con la sua conoscenza della lingua e la
sua forza giovanile.
A partire dal 17 maggio 1841 Emilia passò da casa d’Azeglio a casa Manzoni dove rimase
per circa un anno: la casa di via Morone fu, in quel periodo, una vera e propria fucina. Gonin
disegnava su indicazioni dello scrittore; gli incisori e gli stampatori si alternavano con ritmo
febbrile; Emilia era sempre a disposizione per le correzioni linguistiche; Massimo d’Azeglio,
onnipresente, sovrintendeva il tutto.
Emanuela Fontana ricostruisce con vivezza il brulicare dei personaggi intorno all’edizione
“risciaquata in Arno”. La sua è una prosa scorrevole, attenta alla descrizione degli ambienti e
precisa nella definizione dei caratteri. La verosimiglianza del suo romanzo storico va anche a
toccare la lingua dei personaggi, in una sorta di lieve plurilinguismo avvertibile, in particolare,
nei dialoghi: Emilia non rinuncia alla patina del fiorentino e don Lisander mantiene inflessioni
del dialetto milanese. E c’è un altro elemento, di grande interesse, che la stessa Fontana ha
messo in evidenza: la lingua fiorentina è una lingua “visiva”; la sua immissione nel romanzo
rende anche i Promessi sposi potentemente visivi. Lo si avverte proprio nelle parti in cui il
testo è falcidiato dalle correzioni: gli episodi della Monaca di Monza, dell’Innominato e gli
ultimi capitoli del romanzo.
La lettura de La correttrice è così una riscoperta di Manzoni e della sua opera. Della Storia
della colonna infame, ad esempio, che Manzoni i decide a pubblicare solo dopo la revisione
di Emilia. In una lettera al figlio Stefano, Teresa Stampa scrive: “Aspettiamo a farla uscire
che la signora Emilia torni…”. Ed è brava la Fontana a illuminare anche aspetti del rapporto
fra Manzoni e i suoi lettori: la vicinanza di Emilia spinge lo scrittore a prestare più attenzione
ai suoi “venticinque lettori”, a mettersi anche “nei loro panni”.
Ma nel romanzo c’è molto di più: c’è la presenza di un rapporto che fu anche di amicizia,
con lunghe conversazioni che andavano ben oltre i Promessi sposi; un rapporto che si nutrì
anche del rispetto e della riconoscenza di Manzoni nei confronti di una donna forte,
intelligente, ironica a par suo. Nella dedica apposta sull’edizione definitiva dei Promessi sposi
si legge: “Madamigella Luti, gradisca questi cenci da Lei risciacquati in Arno, che le offre,
con affettuosa riconoscenza, l’autore… don Alessandro”.
Giuliana Nuvoli
Emanuela Fontana è nata a Milano ma vive da molti anni a Roma. È insegnante, giornalista e
guida escursionistica, ed è stata finalista alla XXI edizione del premio Calvino. Il suo esordio
è Il respiro degli angeli. Vita fragile e libera di Antonio Vivaldi (Mondadori 2021), il primo
romanzo che ricostruisce la vita del geniale compositore delle Quattro stagioni.