Giulia Lombardi. Né i fucili, né i roghi basteranno, 27 aprile 2019

Giulia Lombardi. Né fucili, né roghi basteranno

27 aprile 2019 Giuliana Nuvoli Numero 7, Politica e Cronaca, Società Lascia un commento
Era una limpida giornata di maggio, quel venerdì 26. Giulia pedalava da Vighignolo a Cornaredo con due compagne di filanda: il tragitto era breve e i pericoli non parevano imminenti.
Gli ultimi mesi erano stati duri: il 13 settembre del 1943 la Sicherheitspolizei – da cui dipendeva la Gestapo – aveva iniziato la caccia a ebrei e antifascisti già schedati; in quegli stessi giorni Aldo Resega (poi ucciso il 18 dicembre) aveva ricostituito il partito fascista; Franco Colombo, un ex sergente della Milizia, aveva dato vita alla squadra d’azione Ettore Muti, diventata il 16 marzo 1944 legione autonoma mobile, con migliaia di unità impiegate in una feroce repressione antipartigiana nel Milanese e in Piemonte. E solo il giorno prima, il 25 maggio, era scaduto l’ultimatum di chiamata alle armi nell’esercito fascista della RSI per i giovani delle classi 1922, 1923 e 1924. La tensione nelle fabbriche era alta: nel mese di marzo c’era stato uno sciopero generale che aveva avuto come unico risultato deportazioni selettive messe in atto dai nazisti. L’aria era pesante, ma non v’era rassegnazione.
Giulia pedalava come ogni mattina, quando la raggiunsero i colpi di fucile in un agguato fascista. Di lei abbiamo una foto sgranata: il volto pieno, i capelli appena mossi sulle spalle, la piega un po’ amara delle labbra e uno sguardo triste fisso in un punto lontano. Un bel volto, con le sopracciglia folte da Lucia Mondella, e un’espressione dolente, infantile e adulta a un tempo. Si cresce presto in guerra. E si fanno scelte che possono costare la vita: ma non si lotta solo per noi stessi. Giulia era divenuta staffetta partigiana – come molte sue compagne – perché così era giusto: a vent’anni si deve sognare un mondo senza soprusi e violenze. Per tutti e tutte.
Settantacinque anni dopo, a Vighignolo, il 14 aprile (una domenica dal cielo appena velato), viene scoperta la statua lignea di Matteo Viola, dedicata a Giulia. Nella notte fra domenica 21 e lunedì 22 le viene dato fuoco.
Di roghi è piena la storia: si bruciano i libri e le immagini; si bruciano gli emblemi e le persone. Nel marzo 1277, a Parigi, si bruciano le traduzioni e i commenti di Avicenna e Averroè; il 19 aprile 2019, in Bangladesh, Nusrat Jahan Rafi, 19 anni, è bruciata viva per aver denunciato le molestie del preside della sua scuola.
Pochi giorni prima, a Vighignolo, un altro rogo: quello (imperfetto) della statua di Giulia. La natura del gesto è la stessa: cancellare chi turba la propria visione del mondo. Proprio CANCELLARE: ridurre in cenere, e spargere le ceneri al vento perché non ne resti traccia. Si dà fuoco perché non si è capaci di sostenere il confronto; di ascoltare e, spesso, di capire. Si dà fuoco perché l’ignoranza e l’ottusità nutrono le scelte e le azioni, forti di un consenso, figlio anch’esso dell’ignoranza e della paura.
Antonio Gramsci, nel discorso che pronunciò alla Camera il 16 Maggio 1925, sul disegno di legge Mussolini-Rocco contro la massoneria, che nella realtà bandiva ogni forma di partito e associazione antifascista, ricordava:

Noi siamo tra i pochi che abbiano preso sul serio il fascismo, anche quando il fascismo sembrava fosse solamente una farsa sanguinosa, quando intorno al fascismo si ripetevano solo i luoghi comuni sulla “psicosi di guerra”, quando tutti i partiti cercavano di addormentare la popolazione lavoratrice presentando il fascismo come un fenomeno superficiale, di brevissima durata.

Non è stato un gesto isolato, a Vighignolo. È stato un segnale, fra i tanti che da mesi segnano la storia del nostro Paese: vengono sdoganati la violenza, il sopruso, l’integralismo, le indebite ingerenze, l’intolleranza. Noi siamo un popolo che ha civiltà millenarie alle spalle, che sa bene come il viver civile non sia niente di tutto questo. Non scrolliamo le spalle, dicendo “tanto passa”… Stiamo all’erta; impariamo a decifrare quello che accade e poi mettiamo insieme i frammenti del puzzle. Se saremo in grado di interpretare la figura che ne risulta, sapremo anche difenderci. Con le nostre armi.
Una bicicletta, un messaggio, un sorriso. E saremo noi a vincere.